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Politica

sciopero

A memoria d'uomo non si era mai verificato una rottura così lacerante tra le due parti. Le contrattazioni tra sindacati confederali, FAI Cisl, FLAI Cgil, UilA, e Federalimentare, si son rotte. Secondo le tre sigle confederali, la delegazione trattante ha ritenuto insoddisfacenti le risposte fornite dalla controparte in merito alle richieste contenute nella piattaforma unitaria, nonché irricevibili le richieste avanzate dalla controparte stessa. Il tutto è avvenuto nella notte tra l’11 e il 12 gennaio nel corso della plenaria, alla presenza della delegazione trattante di FAI-FLAI-UilA. In quella seduta, ultima di tante altre, improvvisamente si è interrotta la trattativa per il rinnovo del CCNL industria alimentare, scaduto il 30 novembre 2015 e che già dal 14 settembre, sempre del 2015, era stata presentata la piattaforma unitaria. Complice dello strappo, secondo quanto dicono alcune indiscrezioni giunte nelle segreterie sindacali, sarebbe anche la difficile situazione economico-finanziaria che attanaglia sia l'industria, sia il Governo. Certo è che a tirarne le cuoia son sempre i lavoratori, sottoposti a sacrifici pur di essere garantito un lavoro. E chi paga dazio più di tutti sono sempre i neo assunti che vedono scemare più di tutti i diritti acquisiti dai loro predecessori con lotte sindacali, spesso cruente, lotte a suon di scioperi dove per ottenere un diritto ci si rimette parte dello stipendio. Purtroppo la situazione è drammatica giacché le richieste di Federalimentare, che difficilmente indietreggerà, sono al mimino di quelle garanzie che un lavoratore dipendente nel settore privato può recriminare. Lo stesso dicasi per la remunerazione, ottenuta con anni di sacrifici e cessioni a perdere alla controparte. Nel testo di Federalimetare si cita in pompa magna il "Jobs Act", che non assicura più la continuità del posto di lavoro sia per gli addetti interni alla filiera alimentare, sia per quelli in appalto. Come a dire che cambia il padrone, cambiano gli operai. E ciò è racchiuso nel testo di legge 223/91 per tutti i lavoratori, sia prima che dopo il Jobs Act, una retroattività in barba all’armonizzazione delle procedure dei licenziamenti collettivi previsti prima della suddetta legge. Ma quello che fa scalpore, a parte l'importanza primaria di garanzia del posto di lavoro, è la retribuzione, dove Federalimentare non è stata in grado di formulare una proposta complessiva sul salario e su tutte le voci di costo presenti in questo rinnovo contrattuale, ribadendo però ancora una volta il necessario riferimento ad indicatori economici non presenti nel nostro contratto come base di calcolo degli aumenti salariali, nonché la possibilità di spalmare gli aumenti stessi solo in parte sui minimi tabellari e la necessità di non prevedere aumenti per il 2016.
Non solo, le richieste delle controparte hanno riguardato una ulteriore penalizzazione delle retribuzioni dei lavoratori attraverso l’eliminazione degli scatti di anzianità e del premio di produzione congelato. Ovviamente, si spera, che tal richiesta sia rivolta ai neo assunti, anche se non è giusto tal vizio. Ma, come sappiamo, da questo Governo possiamo aspettarci di tutto. E quando diciamo Governo intendiamo chi lavora per esso, ovvero Federalimentare, la Federazione aderente a Confindustria che rappresenta e tutela l’Industria alimentare in Italia, o dovrebbe se l'industria è per i lavoratori.
Inoltre, da Federalimentare è stato richiesto l’alzamento delle ore di flessibilità contrattuale, l’aumento del periodo di calcolo della durata media settimanale della prestazione lavorativa, compreso lo straordinario, (da 4 a 6 mesi art. 30 ter), e l’introduzione di una casistica di eventi a fronte dei quali può essere previsto un ulteriore aumento del periodo stesso così vasta e dettagliata che in pratica lo renderebbe possibile sempre. Ancora una volta ai sindacati confederali è stata ribadita la necessità di un contenimento dei costi, da realizzarsi attraverso una non sovrapponibilità dei cicli negoziali, nazionale e di secondo livello: tutto ciò significa una destrutturazione della contrattazione di secondo livello.
Da rilevare che a pagarne le conseguenze, oltre a chi già opera nelle fabbriche, saranno i giovani assunti sempre più sottoposti a rinunce, con meno salario e sempre con la mannaia del licenziamento facile. A dir il vero, oggi le fabbriche sfruttano i vari contratti messi in essere dal Governo per assumere giovani ma con contratti giornalieri e spesso con preavvisi di poche ore dall'inizio turno, mettendo in atto un comportamento poco civile e non propriamente democratico in linea con le più elementari basi di equità tra indeterminati e determinati e rispetto della persona. Ma “Viva Dio” che c’è lavoro, secondo il Governo e le applicazioni di Federalimentare, mettendo in atto cavilli burocratici in tema di contratto e numerando le assunzioni determinate e giornaliere come quelle indeterminate. L’Italia va a rotoli, altro che lavoro caro Renzi. E non bastano dei selfie o delle slide per ridare dignità a chi si affaccia al mondo del lavoro e a chi sta attendendo un reintegro per lo sbaglio della Fornero. E come sempre i lavoratori scendono in piazza, a scioperare, a rimetterci parte del salario, a recriminare quei diritti negli anni vituperati da Governi sempre più restrittivi.
In un comunicato stampa di Luigi Sbarra, Commissario nazionale della Fai Cisl «La rottura con Federalimentare era inevitabile per loro chiusure ideologiche». Una dichiarazione che non lascia dubbi sul futuro del CCNL Alimentaristi e, ancor più grave, sulle contrattazioni svolte in precedenza che presagivano una più armoniosa soluzione. Di seguito si riporta il comunicato stampa di Sbarra.
«Abbiamo lavorato fino all'ultimo per scongiurare una rottura determinata da precise responsabilità della controparte, ma questa si è resa indisponibile a discutere su pezzi importanti della piattaforma, che costituiscono la base del rinnovo contrattuale». Lo afferma in una nota Luigi Sbarra, Commissario nazionale Fai Cisl e Segretario Confederale Cisl, commentando l'interruzione della trattativa sul rinnovo del contratto nazionale dell'industria alimentare. «Da parte di Federalimentare - aggiunge il sindacalista - non c'è stato alcun dialogo su salario, welfare, appalti, formazione, mercato del lavoro, bilateralità. La controparte ha deciso così di ignorare le forti sollecitazioni arrivate dal mondo del lavoro e da migliaia di delegati, che nelle settimane scorse hanno dato vita nelle fabbriche a centinaia di assemblee e attivi unitari. Lavoratrici e lavoratori che hanno chiesto responsabilmente una accelerazione per arrivare all'accordo sul rinnovo in tempi stretti. La nostra era ed è una proposta responsabile, sostenibile, che va incontro anche alle esigenze delle imprese, coniugando competitività, produttività e crescita. Una piattaforma che non si limita a una giusta e legittima rivendicazione salariale, ma rilancia le relazioni industriali e la partecipazione come elemento cardine di uno sviluppo condiviso. Le preclusioni miopi e ideologiche di Federalimentare hanno reso la mobilitazione inevitabile. Le nostre iniziative di lotta sono la risposta necessaria non solo a rivendicare il sacrosanto e giusto diritto alla contrattazione, ma anche ad impegnare la parte datoriale a una seria riflessione. L'auspicio è che le controparti rivedano le proprie posizioni di chiusura pregiudiziale e si aprano al dialogo su basi nuove, responsabili, lavorando per far ripartire un confronto necessario per arrivare al rinnovo e dare risposte concrete alle attese dei lavoratori», conclude Sbarra.
Con tal situazione, per i "NO" di Federalimentare alla Piattaforma proposta, sia la FAI Cisl, FLAI Cgil, UilA, rendono noto:
- L’immediato blocco degli straordinari e di tutte le flessibilità contrattuali.
- La programmazione di un fitto calendario di assemblee in tutti i luoghi di lavoro.
- Un pacchetto di 4 ore di sciopero articolato a livello aziendale entro il 22 gennaio 8 ore di sciopero nazionale di tutto il settore.
In definitiva le trattative comprendevano le seguenti richieste:
Per i sindacati confederali:
- L’applicazione del CCNL dell’industria alimentare a tutti i lavoratori utilizzati lungo la stessa filiera produttiva.
- La garanzia di continuità occupazionale in caso di cambio di appalto.
- Il riconoscimento della “comunità di sito”.
- L’armonizzazione delle procedure dei licenziamenti collettivi con l’applicazione della legge 223/91 per tutti i lavoratori, (prima e dopo il Jobs act).
- Il mantenimento delle norme contrattuali che regolano i licenziamenti individuali.
Per Federalimentare, invece:
- Possibilità di spalmare solo una parte degli aumenti retributivi sui minimi tabellari e la necessità di non prevedere aumenti per il 2016.
- Eliminazione degli scatti di anzianità e del premio di produzione congelato.
- Alzamento delle ore di flessibilità contrattuale.
- Aumento del periodo di calcolo della durata media settimanale della prestazione lavorativa.
- Contrattazione di secondo livello ad invarianza di costi.

NICO BARATTA