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uniConsiderata da tutti un “vangelo laico” della ricerca scientifica, sul numero del 14 giugno la ricerca della prof.ssa Concetta Lotti.
«Condivido con tutto il Dipartimento questo importante risultato che testimonia l’eccellenza scientifica della nostra ricerca e del nostro Ateneo».

La prestigiosa rivista scientifica internazionale Science (https://www.sciencemag.org/) lo scorso 14 giugno ha pubblicato un report dal titolo Mutation of a bHLH transcription factor allowed almond domestication (https://science.sciencemag.org/content/364/6445/1095), frutto della stretta collaborazione che il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente dell’Università di Foggia ha avviato con l’Università Aldo Moro di Bari, l’Università di Copenaghen e il centro ricerca CEBAS-CSIC di Murcia (Spagna). I ricercatori delle 4 istituzioni accademiche hanno focalizzato i loro studi sul mandorlo, una specie appartenente alla famiglia delle Rosaceae la cui parte edibile è il seme. Originariamente le mandorle erano amare, ma l’uomo – con la domesticazione della specie – ha selezionato il seme dolce. La domesticazione di molte specie vegetali ha spesso implicato l’eliminazione da organi della pianta di composti di difesa dal sapore sgradevole o addirittura tossici per l’uomo. Un eccellente esempio, a riguardo, è dato dal mandorlo, le cui specie selvatiche producono semi amari e letali anche se assunti in modeste quantità. Ciò è dovuto all’accumulo, all’interno dei cotiledoni, di amigdalina, un glucoside che rilascia cianuro a seguito della ingestione. Lo studio pubblicato da Science evidenzia come il genoma del mandorlo, dislocato su 8 cromosomi e di dimensioni di circa 250 milioni di basi nucleotidiche, contenga circa 28.000 geni. Attraverso la ricerca è stato possibile identificare la proteina (fattore di trascrizione) che regola la biosintesi dell’amigdalina e caratterizzare una mutazione responsabile del sapore dolce dei semi, selezionata dall'uomo nel primo Olocene (circa 10.000 anni fa) nella regione della Mezzaluna Fertile. «Questa mutazione – argomenta la prof.ssa prof.ssa Concetta Lotti, associata di Genetica agraria al Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente – consiste nel cambiamento di una sola base nella sequenza del fattore di trascrizione sarebbe determina il cambiamento di un solo aminoacido nella sequenza della proteina corrispondente». I risultati scaturiti dagli studi di sequenziamento del DNA del mandorlo e di isolamento del gene responsabile dell’amarezza, rivestono notevole rilevanza sia perché forniscono informazioni relative alle basi genetiche della domesticazione del mandorlo sia per il futuro miglioramento genetico della drupacea, specie che è coltivata a livello mondiale su quasi 2 milioni di ettari e diffusissima nelle regioni meridionali d’Italia, determinando grande interesse anche da parte dell’agro-industria. Per il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente dell’Università di Foggia la ricerca è stata appunto condotta dalla prof.ssa Concetta Lotti e dalla dott.ssa Francesca Ricciardi (ex dottoranda afferente al Dipartimento di Scienze agrarie), mentre per l’Università Aldo Moro di Bari è stata invece condotta dai proff. Luigi Ricciardi e Stefano Pavan e dalla dott.ssa Rosa Mazzeo. È la prima volta che il Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente “finisce” su Science (considerata dai ricercatori di tutto il mondo una specie di “vangelo laico” della scienza, della sperimentazione e dell’innovazione tecnologica) per una propria ricerca, un risultato a suo modo storico che la prof.ssa Lotti commenta così: «Condivido con tutto il Dipartimento questo importante risultato che testimonia l'eccellenza scientifica della nostra ricerca e del nostro Ateneo».

Davide Grittani