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MONUMENTI


Nel centro abitato si possono ammirare interessanti monumenti quali il Palazzo baronale o Torriolo, la Torre dell'orologio, la Croce di piazza dei Mille, il Convento presso la Villa Comunale e la Chiesa Madre dei santi Martino e Lucia. Nella campagna apricenese sono rintracciabili le rovine di Castelpagano, Santa Maria di Selva della Rocca e quelle del monastero di San Giovanni in Piano.

Nella cava dell'Erba, in località Pirro Nord, durante i lavori di estrazione della pietra, è stata rilevata un'abbondante presenza di fossili rappresentanti più di 100 specie diverse, risalenti al periodo villafranchiano superiore, compreso tra 1,7 e 1,3 milioni di anni fa: oltre ai vertebrati fossili, sono stati ritrovati molti manufatti litici.


LUOGHI DI CULTO


Chiesa Madre                                               

Risale al XII secolo la costruzione della Chiesa Matrice dedicata a S. Martino Vescovo di Tour e la seconda chiesa parrocchiale intitolata inizialmente come Arcipretura di S. Lucia, seconda Chiesa intramenia assieme a quella di S. Antonio con l'attiguo convento dei frati minori francescani. Secondo le tesi degli storici locali sappiamo che Apricena ebbe due Parrocchie. La prima era la Matrice o Chiesa di S. Martino, attigua al palazzo baronale, fornita di campanile e ornata di cappelle. La seconda parrocchia aveva sede nella Chiesa di S. Lucia, situata alla estremità della piazza, con campanile con campane di accordo". Il terribile terremoto che nel 1627 rase al suolo il piccolo borgo medioevale non risparmiò le costruzioni religiose tra cui le chiese di S. Martino e di S. Lucia.
La nuova chiesa, della quale si era salvato il campanile nella sua interezza, fu edificata nel 1628 con il contributo degli apricenesi sui ruderi della parrocchia di S. Lucia. Al titolo originiario fu unito quello di S. Martino. Nel timpano del frontespizio spezzato del portale principale, venne incastonato una lapide triangolare, con in alto due cirri laterali che riporta la seguente scritta:

VT SVA TOT PO. POPV LI. OSSA COIs DATVR. POT LAPSV TRE MOTI. ECCLA HAC PARROCHE

DIVAE LYCIAE DICATA DI. SCIP° PIGNOL. VIC TRAE APNAE MIRA PIETE SVMI CVC

TA AC IDICIBLI CARTE DEELEMOS PREDIE CURAVIT

A.D. M° CMO TERQ3 XNO WV BIND PAPA PSE BARBRO

cioè: "

E' concesso che le sue ossa (e quelle) del popolo tutto possibilmente siano poste in questa Chiesa parrocchiale dedicata a Santa Lucia costruita sulla rovina del terremoto. Don Scipione Pignol vicario della terra di Apricena decise che il tutto fosse sostenuto dalle offerte (de eleemosynis) date prima con meravigliosa devozione e con grandioso amore. - Anno del Signore 1628 sotto il pontificato di papa Barberino"

La facciata che guarda la piazza è rimasta incompleta, mentre il prospetto della porta maggiore, cui si accede mediante tre scalini di pietra, è ben architettato. Sul fregio, a grandi caratteri si legge: “MONSTRA TE ESSE MATREM”. Tra i vari rifacimenti che si sono susseguiti nel tempo ricordiamo quello del 1819, quando la Chiesa fu dotata di organo la cui collocazione portò alla chiusura del finestrone centrale e all'apertura dei due laterali. Nel 1903 la Chiesa fu nuovamente restaurata, fu ampliata con una piccola cappella praticata alla base del campanile, dov'era collocata la nicchia con la statua di S. Gioacchino. I restauri del 1940, realizzati in occasione dei festeggiamenti per la proclamazione della Vergine Incoronata a Patrona di Apricena, dettero un aspetto più decoroso alla Chiesa Matrice, in quanto furono ripristinati nel modo migliore gli stalli corali ed il trono episcopale. Nel 1972 per adattare l'abside e il relativo presbiterio alle norme liturgiche proposte dal Concilio Vaticano II, la Chiesa subisce una radicale trasformazione: furono eliminati gli stucchi ed i gessi esistenti, e le nicchie chiuse, le colonne, il pavimento, il coro e la cappella del Santissimo furono rivestiti di pietra di Apricena lavorata.


San Giovanni in Piano

A nord-ovest di Apricena, sul ciglio delle Murge sorge, solitario, il Monastero di San Giovanni In Piano. Nella platea settecentesca si legge: "Verso l'anno del signore 1050 Petronio Conte di Lesina per sua special devozione fondò dentro i suoi Feodi, e propriamente nel luogo detto Piano un celebre monastero dell'ordine del Patriarca S. Benedetto, e perché la chiesa fu dedicata al glorioso Precorsore S. Giovanni Battista, chiamassi in avvenire il monastero di S, Giovanni in piano. Nell'anno 1077 si portò con tutta la sua corte il medesimo conte Petronio nel monastero ad assistere alla solenne dedicazione del tempio; ed ivi con tutte le solite solennità donò graziosamente molti Feodi, e territori, che si rese celebre nommeno per la Santità dé Religiosi, che per le ricchezze, e Signorie. La donazione fu fatta dal conte Petronio ad Aimardo Abate del monastero, quale poi fu confermata nel 1179 da Goffredo Conte di Lesina e nipote di Petronio, essendo allora Abate di S. Giovanni in piano Rinaldo" . Nel 1221, Federico II riconosceva al monastero benedettino di San Giovanni in Piano il diritto a conservare i propri beni e feudi riservando alla curia imperiale il casale di Precina (Casale di Apricena). Il monastero rimase benedettino sino al ai primi anni del 1280, con l'insediamento dell' ordine dei Celestini, tanto che vi si attesta, in questi anni, la presenza di Pietro, futuro papa Celestino V e San Pietro da Morrone.
I Celestini rimasero nel territorio della Precina sino alla fine del XIV secolo quando si trasferirono nella più tranquilla San Severo. Attualmente San Giovanni in Piano è in completo stato di abbandono e il monastero della SS Trinità è divenuto sede del municipio di San Severo.


Selva della Rocca

Seguendo l'antica strada che collegava Apricena con Sannicandro Garganico, ad uno svincolo posto a circa cinque chilometri vi è una diramazione che porta a quello che ormai resta del sito di Madonna della Rocca, in località omonima. La chiesa probabilmente fu edificata tra il VIII e il IX sec. ad opera dei monaci benedettini di San Vincenzo al Volturno, poco dopo il loro insediamento. Il fabbricato consisteva in una cella con aggregate delle piccole costruzioni per il ricovero dei monaci stessi che si occupavano del controllo dei pascoli circostanti. Nell'XI sec. la chiesa passa sotto il controllo del conte di Lesina con l'arrivo dei Normanni, e successivamente ai cavalieri Teutonici, i quali dedicano la chiesa al culto Mariano, la ristrutturano sopraelevandola e realizzando nei suoi pressi case, pozzi, piscine e peschiere e muri di cinta. La chiesa, con pianta a croce latina con transetto, è pensata con un'unica navata absidata; il braccio destro del transetto risulta anch'esso absidato, mentre il braccio sinistro ne risulta attualmente privo, anche se vi sono tracce di una antica struttura absidata. La caratteristica principale di questa chiesa, è il doppio livello, di cui quello superiore era raggiungibile attraverso una scala esterna; il solaio separatore dei due livelli era costruito in legno come pure il tetto di copertura. L'interno, lineare nel complesso, rivela sotto gli strati di intonaco e dipinture, sprazzi di affreschi paragonabili nei tratti e nei colori a quelli mirabili di S. Maria di Monte D'Elio, in territorio di Sannicandro Garganico.
Fino agli inizi del 900, il sito era ancora meta di pellegrinaggio da parte degli apricenesi, molto devoti alla Madonna della Rocca. Il complesso è stato lasciato in stato di abbandono ed ora non restano che ruderi.


Torre dell'Orologio

Questa torre è ciò che rimane del campanile della Chiesa Matrice intitolata a San Martino: infatti sulla facciata si può leggere l'epigrafe datata 1282. Sul lato est vi è una ampia porta ogivale murata con due capitelli anch'essi murati. La torre ospita, alla sua sommità, all'interno di una torretta in mattoni, l'orologio civico, risalente alla fine del secolo scorso. La Torre è di proprietà privata, mentre la parte superiore di proprietà pubblica.