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L'angolo del legale

Ai sensi dell’articolo 2094 del Codice Civile “è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”. Pertanto, come previsto dal nostro ordinamento, si potrà parlare di subordinazione tutte le volte in cui il lavoratore è assoggettato chiaramente al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Quando, invece, come nel caso del nostro lettore, la prestazione dedotta in contratto è estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, e il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulta, al fine della qualificazione del rapporto come autonomo o subordinato occorre far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, dedotto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro. Spetta al giudice, infine, accertare il comportamento tenuto dalle parti nell'attuazione del rapporto di lavoro al fine della conseguente qualificazione dello stesso come lavoro autonomo ovvero come lavoro subordinato e la relativa valutazione non è censurabile in cassazione ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cassazione 20.1.2011 n. 1238)

Avv. Bruno Colavita