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agrumiIn Puglia agrumi al macero, la CIA: “Situazione drammatica”
Raffaele Carrabba: “Bene i 10 milioni del fondo, ma serve programmazione pluriennale”
In provincia di Taranto e sul Gargano, arance e clementine restano sugli alberi o a marcire a terra

“In provincia di Taranto e sul Gargano, i territori più agrumicoli della Puglia, arance e clementine in moltissimi casi restano incolte, sugli alberi, o a marcire per terra. Apprezziamo lo schema di decreto del Mipaaft sul Fondo nazionale agrumicolo, era una misura necessaria, ma appare per certi versi tardiva e purtroppo insufficiente ad affrontare una situazione disastrosa quest’anno e estremamente difficile”. E’ Raffaele Carrabba, presidente regionale di CIA Agricoltori Italiani della Puglia, a commentare con queste parole l’approvazione, in Conferenza stato regioni, dello schema di decreto attraverso il quale il Fondo nazionale agrumicolo sarà dotato di 10 milioni di euro: 8 saranno destinati al ricambio varietale per le aziende danneggiate da virus tristeza e del “mal secco”; 1,5 verranno utilizzati in campagne di comunicazione istituzionale e di promozione rivolte ai consumatori, per sostenere la qualità degli agrumi italiani; 500mila euro è la risorsa a disposizione per conoscenza, salvaguardia e sviluppo dei prodotti agrumicoli DOP e IGP.
“Il Governo ha accolto le richieste che facciamo da anni sul ricambio varietale e le campagne di comunicazione in favore della qualità e salubrità dei prodotti certificati italiani. Occorre, però, che questo sia solo l'inizio, perché i problemi sono strutturali: strapotere della GDO nel determinare i prezzi, la vita e la morte di un'azienda agricola; concorrenza sleale di competitor esteri che producono con costi e standard inferiori; necessità di valorizzare pienamente la biodiversità degli agrumi italiani e il ruolo attivo degli agricoltori nel preservare questo patrimonio; garantire la possibilità alle aziende agricole di assumere investendo nell'equo compenso delle lavoratrici e dei lavoratori alleggerendo il carico di costi burocratici e contributivi che danneggiano sia la parte datoriale che la forza lavoro”, ha aggiunto Michele Ferrandino, presidente provinciale di CIA Capitanata. “La crisi è epocale per cui, a meno che si pensi che soluzioni tampone possano risolvere la situazione, quello schema di decreto è solo l’inizio della partita. Per i produttori di Clementine, per esempio, il provvedimento arriva abbondantemente a tempo scaduto”, ha spiegato Pietro De Padova, presidente provinciale di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi). “Gettare via o lasciar marcire il frutto del proprio lavoro è il segno che siamo davanti a un punto di non ritorno. Dall’agricoltura, soprattutto in questi ultimi due mesi, sono arrivati segnali forti, eclatanti, emblema del dramma che sta vivendo il comparto primario: i gilet arancioni, gli olivicoltori pugliesi allo stremo, i pastori sardi, i produttori cerealicoli siciliani che vivono una situazione molto simile a quella dei cerealicoltori pugliesi, stanno lanciando un grido di dolore ancora non pienamente colto. Bisogna invertire la rotta, le campagne si programmano, cosi come la ricerca e la sperimentazione di nuove varietà sempre più richieste dal mercato. La riconversione varietale va fatta con materiale sano e certificato, spesso però queste nuove varietà sono da importare e non adeguatamente sperimentate e acclimatate da noi, bisogna quindi investire di più sulla ricerca e la sperimentazione, sui campi piloti e sui nostri validi vivaisti”, ha concluso Raffaele Carrabba.