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Stato:

Italia

Regione:

Puglia

Provincia:

Foggia

Coordinate:

41°28′0″N 15°34′0″E / 41.46667°N 15.56667°E

Altitudine:

76 m s.l.m.

Superficie:

507,80 km²

Abitanti:

152.863

 

Densità:

301,0 ab./km²

Frazioni:

Arpinova, Cervaro, Duanera La Rocca, Borgo Eridania, Incoronata, Segezia, Tavernola

Comuni contigui:

Ascoli Satriano, Carapelle, Castelluccio dei Sauri, Lucera, Manfredonia, Ordona, Orta Nova, Rignano Garganico, San Marco in Lamis, San Severo, Troia

CAP:

71121-71122

Pref. telefonico:

0881

Nome abitanti:

Foggiani

Santo patrono:

Madonna dell'Icoronata, Maria Santissima Addolorata "Liberatrice dal Colera", santi Guglielmo e Pellegrino

Giorno festivo:

22 marzo

Foggia è un comune italiano di 152.863 abitanti, ed è il capoluogo della omonima provincia in Puglia. È il terzo comune più popolato della regione ed il ventiquattresimo nella classifica nazionale. E' sede arcivescovile metropolitana e dal 1999 sede universitaria. Chiamato Castro Fogie, deriva dal latino fovea, ossia buca, con il significato di "fossa per la conservazione del frumento" o "serbatoio per l'acqua ". Situata nel Tavoliere delle Puglie, mantiene tutt'oggi la vocazione agricola che per secoli l'ha resa un importante centro commerciale. Sin dai primi anni del XIX secolo fu sede della Regia Dogana delle pecore, che regolamentava la pastorizia degli Abruzzi e della Capitanata. Nonostante i vari terremoti susseguitisi nel corso dei secoli ed i bombardamenti subiti durante il secondo conflitto mondiale, conserva un importante patrimonio artistico ed architettonico, concentrato soprattutto nella parte antica della città.

TERRITORIO

« Se il Signore avesse conosciuto questa piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui »

(Federico II di Svevia)

Foggia sorge al centro del Tavoliere delle Puglie, tra il torrente Celone e il fiume Cervaro, all'incrocio di importanti vie di comunicazione. Il clima è fondamentalmente mediterraneo, con lunghe estati calde e umide ed inverni miti. Solo raramente, nei mesi invernali, la temperatura scende a valori inferiori a 0°C. Il territorio circostante la città non presenta una rilevante idrografia superficiale a causa della carenza di rilievi montuosi, della scarsità delle piogge e dell'elevata permeabilità del terreno; l'unico corso d'acqua che ariva all'agro cittadino è il torrente Celone.

IL TOPONIMO

« Piazza ovale che non finisce più, d'una strana potenza. È tutta sparsa di gobbe, sconvolta, secca, accecante di polvere... nessun luogo avrebbe più diritto d'esser dichiarato monumento nazionale »

(Giuseppe Ungaretti, descrizione del Piano delle Fosse)

Secondo l'opinione più diffusa, il nome Foggia deriverebbe dal latino fovea, cioè "fossa". Ma " fossa " non è da riferirsi, alle fosse granarie, dal momento che il Piano delle fosse foggiano, che sorgeva da Piazza Piano della Croce fino a via Conte Appiano e via della Repubblica, risale al secolo XVII ed è quindi indubbiamente estraneo alla nascita della città e del toponimo. Fovea, invece, rimanda più verosimilmente a " una fossa " intesa come " bacino imbrifero ", probabilmente quello attestato nella leggenda dell'Iconavetere e richiamato dallo stemma cittadino. Legato, inoltre, alla leggenda della scoperta dell'icona della Madonna kirjotissa (termine derivante dal greco che si ricollega alla mitica nascita di Venere dalle acque), e in particolare alle fiammelle galleggianti sull'acqua. Altra ipotesi, tra l'altro improbabile, è quella secondo secondo cui il nome della città deriverebbe da fuoco e, conseguentemente, dal titolo del santuario dell'Incoronata, Sancta Maria de Focis, che tuttavia significa " Santa Maria della Foce ", e non " dei Fuochi ".

 


GONFALONE

Lo stemma, riproduce tre fiammelle campeggianti sulle acque dell'antico lago e ricorda il ritrovamento del Sacro Tavolo di Maria Santissima Iconavetere: episodio profondamente radicato nella storia civile, nella tradizione popolare e nella cultura religiosa della città. Originalmente, tuttavia, l'arma civica rappresentava, più semplicemente, un campo d'acqua in basso e una parete di fuoco in alto (elementi cui sono legati i colori ufficiali della città: il blu e il rosso), come si rileva dalla più antica testimonianza dello stemma pervenutaci, risalente al secondo Cinquecento e accompagnata dalla illuminante didascalia: «L'arma è aqua et fuoco perché, sotto ogni poco che si cava sottoterra, si trova aqua [e] lo sopra è caldo fa da mille fuochi». È solo alla fine del Seicento, infatti, che lo stemma si trasformò definitivamente assumendo l'attuale connotazione mariana: l'originaria parete di fuoco fu scissa in tre fiammelle e l'acqua fu collegata al lago della tradizione, interpretandosi l'emblema come esplicita allusione al ritrovamento dell'Iconavetere.
Nonostante sia legalmente riconosciuta solo la versione standard approvata nel 1941, con scudo sannitico e corona turrita, è tuttora assai diffusa (anche istituzionalmente) la variante barocca dello stemma, con scudo accartocciato e corona marchionale. Il gonfalone cittadino è un drappo rettangolare troncato di rosso e di blu, riccamente ornato di ricami dorati e caricato dello stemma civico con l'iscrizione centrata in oro: «Città di Foggia». L'asta del gonfalone è ricoperta di velluto rosso e blu con bullette dorate poste a spirale.

 


I santi patroni


La Madonna dei Sette Veli è la patrona principale della città e della diocesi di Foggia. La Madonna dei Sette Veli è anche chiamata Iconavetere. È un'antichissima immagine della Madonna, dipinta su tavola, avvolta in sette veli e racchiusa in una teca rettangolare, dotata di una piccola finestrella ovale in corrispondenza del volto dell'effigie. La tavola fu rinvenuta prodigiosamente in uno specchio d'acqua nel 1062 o, secondo altri, nel 1073, da alcuni mandriani attratti da tre fiammelle che si sollevavano direttamente dall'acqua, scena cui fa riferimento lo stemma della città. Il Sacro Tavolo è stato sempre il centro religioso della città, e per conservare l'icona e favorirne il culto il duca normanno Roberto il Guiscardo fece erigere la chiesa di Santa Maria de Fovea, che nel 1172 fu ingrandita dal re Guglielmo II il Buono e in seguito fu modificata da Federico II. Nel 1855 fu elevata a cattedrale.
La nascita della città di Foggia è sempre stata posta in relazione al ritrovamento miracoloso e al culto dell’Iconavetere o Madonna dei Sette Veli, rinvenuta in un pantano nel 1062. Secondo la leggenda, l’attenzione di alcuni pastori fu richiamata da una scena inconsueta: un bue genuflesso dinanzi a tre fiammelle risplendenti sull’acqua melmosa di uno stagno; sotto le fiammelle scoprirono licona della Madonna avvolta dai sette veli. È noto come lo stemma di Foggia rechi le tre fiammelle sull’acqua. Riguardo la venerata icona, studi recenti condotti sulla base di una rara fotografia, ne propongono una datazione tra l’ XI e il XII secolo; nonostante l’attenuata visibilità dell’immagine, la Vergine Sedes Sapientiae è ben riconoscibile: la Madre siede frontalmente in abiti sontuosi, reggendo sulle ginocchia il bimbo benedicente. La foggia delle vesti riccamente bordate e quel che si indovina dall’acconciatura, le tracce di lapislazzuli e d’oro, rinvenute nel restauro degli anni Sessanta, e, le impronte lasciate dalle pietre ornamentali scomparse, parlano dell’originaria preziosità del dipinto. Sembra ormai certo che il nucleo più antico di Foggia si sia formato intorno alla chiesa di S. Maria, nel luogo del ritrovamento dell’Iconavetere. Quella che ci è giunta è la chiesa fondata nel XII secolo e nel tempo ripetutamente restaurata e rimaneggiata, a causa dei numerosi avvenimenti che l’hanno vista protagonista. La costruzione della Collegiata ebbe inizio durante il regno di Guglielmo II, nel 1172. Oggi si presenta come una fabbrica a navata unica voltata a botte con coro poligonale, cappelle laterali e cupola all’incrocio, innalzata sulla cripta medievale e, in corrispondenza dell’asse longitudinale, su un lungo succorpo realizzato alla fine del Seicento. In origine la chiesa era divisa in tre navate da un duplice colonnato e all’esterno mostrava l’adorna facciata. Nel corso del XVII e del XVIII secolo, una serie di demolizioni e rifacimenti trasformarono l’assetto in forme barocche. Devastata dal terremoto del 1731, fu nuovamente ricostruita secondo un progetto volto al recupero delle parti medievali: le pareti d’ambito furono sopraelevate per girarvi una volta a botte e aprirvi una teoria di ampie finestre; venne aggiunto un piano superiore a coronamento della facciata, mentre il coro e il transetto furono riedificati con le cappelle, la cupola e il campanile. Danneggiata dai bombardamenti del 1943, la fabbrica è stata oggetto di ulteriori restauri conclusi nel 1958. Benchè più volte rimaneggiata, la Collegiata occupa un posto di rilievo nell’architettura medievale pugliese; l’involucro murario esterno assomma i caratteri peculiari del romanico di Capitanata nell’avanzata età normanna. I caratteri medievali emergono con evidenza se si prescinde dalla sopraelevazione della facciata e delle contigue pareti laterali, dal campanile edificato a sud e dal corpo orientale, costituito da coro e cappelle. Le pareti d’ambito, impostate su uno zoccolo continuo e percorse da un ritmo ininterrotto d’archi, sono sorrette da lesene; l’adozione di arcate cieche in sequenza costituisce, durante il Medioevo, un carattere qualificante dell’architettura di aree culturali diverse, dalla Dalmazia alla Transcausica, dall’Italia alla Bulgaria. A Foggia monofore e losanghe nitidamente intagliate sono distribuite a larghi intervalli lungo i fianchi della Collegiata; ovunque sono visibili le cuciture del paramento esterno. Tuttavia in qualche tratto è possibile riconoscere l’originaria tessitura muraria: il livellamento orizzontale delle commessure dei conci, dallo zoccolo aggettante, è in parte presente nell’edificio, legando pareti e paraste, secondo una tecnica costruttiva peculiare dell’architettura anglo-normanna. Come si evince dall’uniformità del corredo plastico, tutto il corpo longitudinale fu elevato in blocco. La facciata, in origine a due ordini, è scandita da cinque arcate che ai lati del portone includono bifore e oculi dalle cornici bicrome, raggiate come soli. La porta principale, disfatta per il mutato livello del corpo longitudinale, è stata ripensata in forme barocche, poi ricreata secondo il modello romanico nel corso dei restauri degli anni cinquanta di questo secolo. Un cornicione dalla lussureggiante decorazione scultorea marca il primo piano della facciata, dominata un tempo da un finestrone “ alla francese “, del quale è riconoscibile il profilo archiacuto ornato a zig-zag. Del transetto sporgente resta solo un braccio del lato settentrionale, con il capitello angolare inglobato nella muratura settecentesca. Oltre la porta principale, due porte si aprivano nel fianco nord e nel fianco sud, in corrispondenza dell’ottava arcata cieca; in origine erano tutte decorate da immagini scolpite. Di essa rimane, murata sul lato settentrionale della chiesa, quella della Vergine fra Arcangeli nella lunetta, che prende il nome da San Martino che vi è ritratto benedicente in abiti vescovili. Sul lato meridionale, laddove s’addossa il campanile, si intravede l’avvio dell’arco che cingeva la lunetta dell’arco distrutto. Il rifacimento seicentesco della Collegiata spazzò via dall’interno, con i colonnati delle navate, i relativi capitelli, dei quali sappiamo soltanto che erano “ di ordine composito della più fine scultura che potesse desiderarsi “. In compenso lungo le pareti esterne si succedono al ritmo delle lesene numerosi capitelli, altri sono distribuiti sui due piani della facciata assecondando il gioco mutevole degli archi. Essi variano con sobrietà il medesimo modello, si tratti dei semicapitelli, che coronano le lesene o dei capitelli a tutto tondo sulle due coppie di colonne che fiancheggiano il grande arco centrale, al primo piano della facciata. Sotto l’abaco, al centro della faccia dei capitelli, sporgono fiori o germogli, in alcuni casi sostitui da testine umane. Le tozze colonne al piano superiore della facciata hanno capitelli che nascono da analoghe esperienze; nella coppia di sinistra il motivo si arricchisce di una testa maschile e di minuscoli quadrupedi, palesemente affini alla fauna che popola il cornicione. Il doppio capitello delle paraste disposte all’angolo sinistro della facciata, nella densità del fogliame è prossimo a esemplari presenti nella cattedrale di Troia. Tra le foglie slanciate e taglienti si affacciano due coppie di teste virili: due con chioma e corta barba a ciocche ricciute, due con barba appuntita e lisce bande di capelli che si allargano ad ala, ai lati del volto. Il cornicione attraversa come un nastro tutta la facciata, piegandosi per un breve tratto sul lato nord e simmetricamente sul lato sud, dove si conclude con una massiccia figura di bovino che sporge direttamente dalla parete; la figurache doveva fare da pendant sul lato opposto è invece scomparsa. Ad intervalli regolari si susseguono venti mensole, delle quali alcune hanno perduto le immagini scolpite. Nello spazio tra le mensole una serie di lastre a bassorilievo variano motivi prevalentemente vegetali, tra i quali si insinuano creature fantastiche. Dei tre portali di cui era dotata la Collegiata due furono disfatti in tempi diversi: quello principale, quando nel Seicento l’intero corpo longitudinale fu innalzato per la costruzione del soccorpo; quello del lato meridionale al momento della ricostruzione del campanile, nel Settecento.

 

Guglielmo e Pellegrino

Sono i due santi compatroni. Le loro vicende sono legate indissolubilmente alla storia dell'Iconavetere. Guglielmo e Pellegrino, rispettivamente padre e figlio, partirono, in tempi diversi e all'insaputa l'uno dell'altro, dalla natia Antiochia per un grande pellegrinaggio verso i luoghi santi dell'Occidente. Peregrinarono a lungo e visitarono, tra l'altro, il Sacro Speco di san Michele sul Gargano. Giunti entrambi a Foggia, si ritrovarono e si riconobbero ai piedi del Sacro Tavolo e, abbracciatisi, spirarono.I giorni della festa patronale sono due: il 22 marzo e il 15 agosto, in ricordo delle apparizioni della Madonna dei sette veli ai foggiani che chiedevano di essere liberati dalla peste e da un terremoto catastrofico (1731).

 

 

 

San Michele Arcangelo

 

 E' il patrono della provincia ecclesiastica di Capitanata, di cui Foggia è metropolita. La sua effigie campeggia sullo stemma della provincia civile e su quelli delle province religiose, particolarmente francescane.









Rioni e loro storia

La storia dei rioni a Foggia cambiò in base alle dominazioni, ma i rioni antichi più importanti furono: "Madonnella", "Terra vecchia", "Cancio o cambio", "Civita", "Borgo di Sant'Antonio abate", "Borgo di San Francesco Saverio".

Frazioni

Segezia è un borgo rurale che sorge nei pressi della città, ideato in epoca fascista voleva essere, nei progetti, la "Latina" del tavoliere dauno. Una nuova città fascista, come l'architettura del campanile e della piazza stanno a dimostrare, che fosse a imperitura memoria delle opere di bonifica del regime nella piana della capitanata. Cominciati i lavori di costruzione negli ultimi anni di regime, il progetto è stato abbandonato al sorgere della Repubblica. Il suo nome deriva dalla dea greca Segesta, divinità che si invocava per la raccolta dei campi.

 

 Incoronata è un borgo rurale che sorge nei pressi della città, ha origini antiche, deve il suo sostentamento economico all'omonimo Santuario Mariano. In epoca fascista vi è stata costruita la nuova piccola chiesa e alcuni edifici. L'omonimo Bosco, insieme a parte della Valle del Cervaro, è parte integrante del Parco Naturale Regionale Bosco Incoronata, istituito nel 2006.

 

 

 



Tavernola è un borgo rurale che sorge nei pressi della città, fondato nell'epoca fascista dove vi costruirono alcuni edifici.

Arpinova è un borgo rurale, intorno al quale si trovano importantissimi siti archeologici, quali il Villaggio Neolitico di Passo di Corvo (VI-V Millennio a.C.), nell'omonimo Parco Archeologico, e i resti dell'Antica Arpi (III-II Millennio a.C.), come l'Ipogeo della Medusa e la Necropoli.

Borgo Eridania è una piccola frazione del Comune di Foggia, distante circa 10 km dalla città, sorta intorno ad un ex zuccherificio da cui il nome della stessa borgata. Le case costruite intorno agli anni sessanta erano destinate ad ospitare dirigenti ed operai dello Zuccherificio. Con la chiusura e dismissione dello stesso zuccherificio le case sono state poi vendute ed acquistate dai cittadini foggiani che ne hanno creato l'attuale Borgata.

Duanera La Rocca è un borgo rurale, alla periferia nord/est della città.

Cervaro deve la sua importanza per la presenza di una stazione ferroviaria dove si smistano le linee per Potenza, Napoli e Roma.