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STORIA

Il nome della città deriva da quello del santo patrono, San Severino, titolare della chiesa intorno alla quale il castellum si è formato. L'agiotoponimo originario, Castellum Sancti Severini o semplicemente Sanctus Severinus, compare in sette documenti redatti tra il 1116 e il 1266. La forma Sanctus Severus, invece, è attestata la prima volta in un documento del 1134. In una pergamena del 1141 compaiono entrambe le forme, una all'inizio e l'altra alla fine della scrittura, segno dell'alternanza che a un certo punto innescò la mutazione del nome dell'abitato a favore di un toponimo diverso dal titolo della chiesa matrice. Ciò nonostante il nome della città restò fluttuante per lungo tempo, tanto che San Severino, seppur sporadicamente, risulta in uso fino al XVII secolo. In alcuni documenti quattrocenteschi, inoltre, nell’intestazione in latino si legge la grafia originaria e nel testo in volgare quella derivata: questo fa ritenere che il cambiamento dell’antico agiotoponimo sia dovuto alla sincope, soppressione comune nel passaggio dal latino all’italiano: Sanctus Severinus > Sanseverinus > Sansevero, tanto più che nessun santo di nome Severo risulta venerato in città prima della fine del Seicento. Non a caso, il toponimo ufficiale - pur ammettendosi le infrequenti varianti San Severo e S. Severo - fu sempre Sansevero, in forma univerbata.
Nel 1931 il comune, su richiesta del Ministero dell'Interno, adottò ufficialmente la grafia San Severo.
Secondo la leggenda rinascimentale, la città fu fondata dall'eroe greco Diomede col nome di Castrum Drionis (Casteldrione), e sarebbe rimasta pagana fino al 536, quando san Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto, avrebbe imposto all'abitato il nome di un fantomatico governatore Severo, da lui convertito al Cristianesimo.
San Severo sorge nell'antica Daunia e nel suo agro sono state rinvenute tracce di vari insediamenti neolitici. In età altomedievale l'area non risulta interessata da abitati stabili e definibili. Tra l'età longobarda e quella bizantina s'irradiò dal monastero di Cassino il monachesimo benedettino, e con esso il culto dell'apostolo del Norico, san Severino abate: sul probabile itinerario della Via Francigena sorse dunque una primitiva chiesetta dedicata al santo, presso cui si formò nell'XI secolo, grazie al continuo afflusso di pellegrini diretti a Monte Sant'Angelo e agli spostamenti di uomini e merci, l'odierna città, originariamente chiamata Castellum Sancti Severini (borgo fortificato di San Severino). L'agglomerato, sviluppatosi rapidamente grazie alla posizione favorevole ai commerci, fu sede di mercanti veneti, fiorentini, saraceni ed ebrei. Dapprima soggetta agli abati benedettini del monastero di San Pietro di Terra Maggiore (e nel 1116 l'abate Adenulfo vi dettò la famosa Charta Libertatis), nel 1230 la città si ribellò a Federico II di Svevia che, dopo averla punita coll'abbattimento delle mura, la cedette ai cavalieri templari. Tra il 1232 e il 1233Giacomo da Lentini vi esercitò la professione notarile.
Intorno al 1312, dopo la soppressione dell'ordine templare, la città, fortificata nuovamente con una cinta muraria più ampia, fu donata da Roberto d'Angiò alla moglie Sancia, che nel 1317 la cedette al conte Pietro Pipino, signore di Vico. Questi, peraltro, non riuscì mai a prendere possesso del nuovo feudo a causa della resistenza armata dei cittadini, che deposero le armi solo quando il re concesse loro di riscattare la città. San Severo fu quindi dichiarata città regia in perpetuo.
Dopo che la regina Giovanna d'Angiò vi soggiornò per lungo tempo, diversi monarchi napoletani la onorarono della loro presenza, tra cui gli aragonesi Alfonso I e Ferrante I. Quest'ultimo, il 1 ottobre1491, concesse a San Severo lo statuto municipale, noto anche col nome di statuto ferrantino. Nel XV secolo, inoltre, la città batté moneta propria.

Il miracolo di Can Severino
Si narra che il santo patrono apparve due volte in soccorso della città: nel 1522, con san Sebastiano, per avvertire i cittadini dell'attacco di mercenari intenzionati a fare saccheggio, e nel 1528, quando scacciò l'esercito imperiale.
Durante la cosiddetta guerra di Lautrec, San Severo fu assediata e aprì le porte al condottiero francese. Morto poco dopo Lautrec, l'esercito imperiale recuperò tutte le città occupate dai nemici. San Severo fu cinta d'assedio. Di fronte a una lunga resistenza, i soldati si ritirarono con l'intenzione di tornare di sorpresa la notte seguente. Credendosi salvi, i cittadini si addormentarono tutti. Nottetempo gli imperiali tornarono inattesi, ma sulle mura della città apparve un enorme esercito che, al comando di un luminoso cavaliere che impugnava una spada nella destra e una bandiera rossa nella sinistra, terrorizzò e pose in fuga gli aggressori. Il mattino dopo alcuni cittadini, all'oscuro del prodigio, andarono tra i campi e là trovarono alcuni imperiali che stavano accasciati nei pressi del monastero di san Bernardino. I soldati raccontarono gli straordinari eventi della notte e i cittadini convennero che il loro patrono, san Severino, li avesse personalmente difesi. Il popolo si radunò, allora, nel tempio del santo per ringraziarlo e, per conferma del miracolo, si trovarono sulla tovaglia dell'altare maggiore le impronte del cavallo in groppa al quale il santo era apparso. Si fece voto, quindi, di donare ogni anno al patrono, proclamato Defensor Patriae, cento libbre di cera nel giorno della sua festa, e da allora in poi si adottò per stemma civico san Severino a cavallo con una bandiera rossa nella destra e la sinistra distesa a protezione della città.
Nel 1521Carlo V vendette la città al duca di Termoli Ferdinando di Capua, ma il sindaco Tiberio Solis riuscì a riscattarla versando all'imperatore 42.000 ducati, messi insieme raccogliendo contributi di privati cittadini e, soprattutto, contraendo l'enorme debito di 32.000 ducati con alcuni banchieri napoletani. Il sovrano, pertanto, dichiarò nuovamente San Severo città regia. Secondo la tradizione, nel gennaio del 1536 lo stesso Carlo V l'avrebbe onorata della sua presenza, nell'occasione nobilitando ventiquattro famiglie cittadine e istituendo l'oligarchico Regime dei Quaranta. Per San Severo il Cinquecento fu un secolo aureo: la ricchezza dei commerci, la vitalità culturale e l'autonomia amministrativa ne fecero uno dei maggiori centri del Mezzogiorno.
Nel 1579, all'apice del suo prestigio ma soffocata dal debito contratto nel 1521, la città fu venduta al duca Gian Francesco di Sangro, che ottenne per i suoi eredi il titolo di principi di Sansevero. Di conseguenza essa perse il rango di capoluogo, che passò a Lucera, dove si trasferirono il governatore della provincia e il tribunale. Pessimo fu il rapporto dei cittadini coi nuovi feudatari, che non mancarono di inacerbire i sudditi con atti spregiudicati e tirannici. Molte famiglie dell'antica aristocrazia sanseverese scelsero di lasciare la città.
L'infeudamento segnò l'inizio di una fase di declino, nonostante la promozione della città a sede vescovile nel 1580. Il 30 luglio del 1627 un catastrofico terremoto,la cui eco superò i confini nazionali, la rase al suolo quasi completamente e provocò la morte di ottocento abitanti e di un imprecisato numero di forestieri. La ricostruzione fu molto lenta e frenata dall'epidemia di peste del 1656 e 1657, ma nel Settecento la città rifiorì, dandosi fisionomia marcatamente barocca.
Il 16 aprile1797Ferdinando IV visitò San Severo e vi passò in rivista il reggimento Regina.
Abolita la feudalità nel 1806 e tramontata la signoria dei di Sangro, nel 1811 San Severo diventò capoluogo di uno dei tre distretti (poi circondari) di Capitanata e quindi sede di sottintendenza (poi sottoprefettura), mentre nel 1819 s'inaugurò, nell'antico Palazzo del Decurionato, il Teatro Comunale Real Borbone, prima sala all'italiana di Capitanata e tra le prime del Mezzogiorno. Dopo il decennio francese la città divenne una cruciale roccaforte della carboneria, tanto che Guglielmo Pepe vagheggiò a lungo l'idea di fare di San Severo il punto di partenza dei moti del 1820.
Nel 1826 fu aperto il Cimitero monumentale. Il 18 maggio1847 visitò la città Ferdinando II. L'ampia Villa Comunale, invece, fu inaugurata nel 1854, mentre nel 1858 fu istituita la Civica Biblioteca Ferdinandea.
Nel 1860 San Severo fu la prima città di Capitanata a proclamare il Regno d'Italia e a issare la bandiera tricolore.
Il 27 ottobre1931 il ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano inaugurò le Ferrovie del Gargano, che collegano la stazione di San Severo a una serie di località del Gargano fino a Peschici, mentre il 9 dicembre1937 si aprì per la prima volta il sipario del nuovo Teatro Comunale.
Nel Novecento, in un clima culturale ricco di fermenti, sono vissute a San Severo personalità di rilievo come i poeti Umberto Fraccacreta e Mario Carli, gli scrittori Nino Casiglio e Giuseppe Annese, l'economista Angelo Fraccacreta e il celebre artista e fumettista Andrea Pazienza. Giovanni Paolo II ha visitato la città il 25 maggio1987.